Al teatro Valle occupato arriva anche il "Marco cavallo"

Data di pubblicazione: 
Tuesday 12 July 2011
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Domani "Marco Cavallo" arriva al teatro Valle Occupato. Il cavallo blu nato nel '73 in un reparto svuotato da Basaglia. (ANSA) – ROMA, 11 LUG – ‘Marco Cavallo, il grande cavallo blu di cartapesta simbolo della lotta contro tutti i manicomi e della liberazione dell’immaginario, arriverà domani sera al Teatro Valle a Roma. Ad annunciarlo i lavoratori dello spettacolo che dal 14 giugno scorso stanno occupando lo storico teatro romano. «Fabrizio Gifuni, Giuliano Scabia e Ambrogio Sparagna accompagneranno Marco Cavallo – si legge in un loro comunicato - per riaffermare la libertà e il diritto di esser parte vitale di una società che non escluda e rinchiuda, ma che accolga e metta in gioco le sue contraddizioni.

In collegamento dal San Giovanni di Trieste ci sarà il medico psichiatra Franco Rotelli, collaboratore e successore di Franco Basaglia». «Oggi i manicomi non ci sono più – hanno aggiunto – ma restano e si ripropongono le forme di oppressione e separazione che quei manicomi rappresentavano. Portando Marco Cavallo al Teatro Valle occupato si incontrano due realtà apparentemente distanti, ma nei fatti strettamente connesse. Marco Cavallo va dove c’è bisogno, Marco Cavallo crea un teatro dove sono tutti attori di un evento collettivo, Marco Cavallo è una poesia scritta da tutti».

Nel gennaio 1973, nel Padiglione ‘P’, uno dei primi reparti svuotati da Basaglia, arrivano gli artisti, tra cui Giuliano Scabia, uomo di teatro, scrittore, regista, attore e Vittorio Basaglia, pittore e scultore. Il laboratorio accoglie centinaia di ricoverati, invitati a scrivere, disegnare, raccontare, partecipare, esprimersi. Nasce così ‘Marco Cavallò, una macchina teatrale realizzata da Vittorio Basaglia in legno e cartapesta. Nella sua pancia conterrà i desideri dei ricoverati. Il cavallo uscirà dal manicomio il 25 marzo 1973, e dietro i matti, i medici, gli infermieri, i volontari, gli artisti. Il muro del manicomio cadeva.

«Il Laboratorio ‘P’ – conclude la nota -, durato alcuni anni, è stato uno degli strumenti fondamentali per arrivare al superamento dell’istituzione manicomiale. Grazie ad esso il mondo esterno è entrato ‘dentrò e i matti sono usciti ‘fuorì».