Autopsia di un cadavere annunciato. Memorandum dei diversi passaggi storici

Data di pubblicazione: 
Sunday 04 May 2008
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Vignetta sul votodi Enrico Del Vescovo

Non c’è alcun dubbio che la situazione particolare generata dalla legge elettorale vigente, la decisione di Veltroni di non allearsi con la sinistra arcobaleno, e la conseguente polarizzazione dovuta al cosiddetto “voto utile” - o, più correttamente, voto inutile, visto l’epilogo..- hanno influito in modo decisivo nel determinare l’esito finale disastroso.

Tuttavia vi sono anche altre cause non meno importanti, ben più profonde e remote, che sarebbe non solo sbagliato, ma persino deleterio e colpevole, sottovalutare e trascurare.

Nella mia analisi occorre innanzitutto comprendere bene la natura peculiare del voto che tradizionalmente in passato è andato ai partiti della sinistra alternativa, ribattezzata impropriamente “sinistra radicale” dai mass media ufficiali, considerando, in particolare, il ruolo di Rifondazione Comunista..

Certamente la stragran parte dei voti dati a sinistra in passato non è stata legata a motivi di interesse particolare del tipo “do ut des”, come invece potrebbe essere avvenuto per altri partiti maggiormente inseriti nel sistema.
Il voto dato a sinistra è stato non solo un voto di opinione, legato ad una motivazione ideologica, ma anche, e soprattutto, essenzialmente un voto di protesta.

Infatti, alla luce dei fatti storici relativi al crollo del muro di Berlino e dei regimi dell’est europeo, ormai, anche in Italia, erano e sono pochi quelli che credono ancora sinceramente nella possibilità di realizzare il sogno di un modello ideale di società comunista, seppure di questa molti dei suoi valori fondamentali siano tuttora non solo condivisibili, ma decisamente auspicabili (sicurezza e diritto al lavoro, alla casa , ai servizi di base ecc. ecc).
Ma allora perché, nonostante gli eventi storici, milioni di persone hanno continuato a votare comunista?

La risposta è semplice: perché, come sappiamo, anche il modello capitalistico presenta gravi limiti e contraddizioni, tali da giustificare il conflitto sociale nella difesa e per la rivendicazione dei diritti fondamentali, nonché per la difesa dell’ambiente sempre più aggredito dal capitalismo industriale.
Dunque ecco la vera natura del voto che finora è andato a sinistra: oltre che di matrice ideologica, è stato essenzialmente un voto di protesta e di lotta. Un voto che voleva esprimere e rappresentare un’antitesi al sistema esistente, in una prospettiva di costruzione di un’alternativa che, seppure non propriamente chiara, né definita e né facile da realizzare, fosse però desiderabile e rispondente ai bisogni fondamentali dell’essere umano.

Ora se c’è un merito che occorre riconoscere alla vecchia falce e martello, temuta e vituperata per circa un secolo, è che tale simbolo storicamente è stato da sempre percepito dalle masse inequivocabilmente, coerentemente ed ostinatamente, come alternativo rispetto al potere economico e sociale dominante.
Sintomatica in tal senso ne è stata la sua progressiva rimozione là dove ci si voleva “adeguare” ai presunti tempi moderni, proprio perché tale simbolo appariva ed appare tuttora come incompatibile, come una sorta di trasgressione e di contraddizione insanabile rispetto ai valori dominanti della società fondata sull’accumulazione capitalistica.

E’ importante poi osservare come i gravi problemi e rischi emersi a causa della globalizzazione economica e culturale, abbiano ridato slancio e credibilità alle tesi marxiste che tendono a smascherare le contraddizioni insite nel processo di internazionalizzazione del capitalismo con tutte le sue conseguenze nefaste. Lo stesso movimento di antiglobalizzazione è stato un’espressione importante dei nostri tempi, un momento a cui i partiti della sinistra, seppure con sfumature diverse, hanno aderito e partecipato in modo rilevante, attirando interesse e simpatia da parte anche di attivisti giovani (vedi il G8 di Genova 2001).

Tornando ad oggi, cosa è avvenuto recentemente?

In questi ultimi anni sembra essersi verificato una sorta di capovolgimento delle condizioni testé citate.

E’ avvenuto che i partiti della sinistra cosiddetta “radicale”, hanno dato all’elettorato l’impressione di volersi omologare agli altri, negando dunque proprio le ragioni fondamentali della loro stessa esistenza, ragioni per le quali milioni di elettori, operai, impiegati, disoccupati, anziani e giovani, non attivisti, avevano continuato a dare il loro voto, nonostante la grave crisi storica e la fine del socialismo reale in Europa.

Con la nascita della sinistra Arcobaleno tale processo è diventato definitivamente chiaro a tutti.

In realtà la sinistra arcobaleno è stata percepita dai più come un soggetto non molto dissimile dalla sinistra del partito democratico, dunque pressoché inutile, poiché brutta copia dell’esistente....
Ma, soprattutto, è grave il modo in cui si è arrivati alla sua nascita. Di fatto l’atto di nascita del nuovo soggetto è stato sancito con una decisione dettata dalle segreterie di partito e, quindi, con una decisione di carattere puramente verticistico, per nulla preceduta da alcuna consultazione sistematica ed orizzontale della base dei partiti coinvolti, rincorrendo inevitabilmente la stessa logica squallida dettata dalla legge elettorale vigente nella formazione delle liste elettorali che hanno ricalcato gli equilibri tra i poteri interni di partito.
“Occorre agire velocemente....” fu la motivazione portata dai vertici..

Non parliamo poi della definizione del simbolo del soggetto della sinistra Arcobaleno, simbolo deciso a tavolino, sempre in modo verticistico, che ha lasciato molti, anzi, moltissimi, perplessi, amareggiati ed insoddisfatti...

In realtà la scelta di avviare il processo unitario della sinistra si presentava come una scelta certamente rispettabile e persino opportuna sul piano del confronto strategico con le altre forze politiche.
Tuttavia tale scelta rappresentava comunque una sfida ancora tutta da vincere, una sfida dagli esiti incerti, per nulla facile da far accettare presso ampia parte della base.
Certamente, va sottolineato, è mancato il tempo affinché il processo di unità a sinistra si affermasse e si radicasse nel territorio come nel mondo del lavoro.

Indubbiamente il parto è avvenuto in modo prematuro.

Nella visione dell’elettorato i partiti della sinistra, senza alcuna distinzione dagli altri, sono stati in tempi brevi assimilati alla vituperata “casta” verso cui il malumore della gente si è spesso scagliato: nulla di peggio per partiti che nei loro antenati storici vantano persino origini ed istanze rivoluzionarie!

Naturalmente oltre a problemi di simboli e di immagine, c’è molto altro da raccontare..

E’ importante che si tracci una sorta di memorandum per focalizzare i diversi passaggi avvenuti, ponendo l’attenzione sui singoli fatti da cui emerge un quadro complessivo più chiaro.

Proviamo dunque a procedere in modo approssimativamente cronologico.

Anno 2004: elezioni europee. Il candidato Nunzio D’Erme, protagonista di numerose lotte sociali nella capitale,  prima soddisfatto e sicuro di essere stato eletto, deve poi fare i conti con la cocente delusione di rimanere escluso dal parlamento europeo per decisione della stessa segreteria del partito guidata da Fausto Bertinotti.
In tutto questo vi è stato un errore di sottovalutazione dell’aspetto umano e personale, aspetto che pure ha un peso decisivo nella psicologia degli attivisti politici, alienando entusiasmo, impegno e simpatie dal partito.
La conseguenza è stata un calo di fiducia in una parte non trascurabile del mondo giovanile legato ai movimenti nella metropoli di Roma e non solo.
Inizia così ad affievolirsi quell’impegno che aveva contraddistinto molti giovani legati ai centri sociali a fianco del partito.

Vigilia delle elezioni del 2006: Marco Ferrando, colpevole di aver parlato a sproposito durante la campagna elettorale, viene privato della candidatura. Un’altra esclusione, un’altra incomprensione consumata drammaticamente senza la possibilità di arrivare ad una soluzione di compromesso.
Un altro caso umano che si ritorcerà presto inesorabilmente contro Rifondazione con la nascita di un nuovo partito che sottrarrà pochi, ma decisivi voti, alle ultime elezioni.

Dopo la vittoria stentata alle elezioni del 2006, la nomina di Fausto Bertinotti a presidente della Camera segna un passaggio chiave verso la svolta del partito in versione istituzionale.
Occorre osservare che la presidenza della Camera avrebbe avuto un senso politicamente valido se Bertinotti fosse stato capace di interpretare il suo ruolo in modo alternativo rispetto alle precedenti presidenze, segnando un momento di rottura rispetto al passato…ma ciò purtroppo non è avvenuto; anzi, la percezione più diffusa si riferisce esattamente al contrario, ossia ad un senso di continuità rispetto ai precedenti presidenti, un senso di continuità difficile da accettare e da comprendere da parte di un elettorato che vota essenzialmente per protesta, oltre che per tradizione ideologica. Inoltre il peso del Prc nel governo appare piuttosto modesto, con un solo ministero, mentre c’è chi osserva che sarebbe stata opportuna, anzi, necessaria, una influenza maggiore con una presenza di più ministeri per poter condizionare più efficacemente l’azione complessiva del governo.

Estate 2006: la prima creatura del nuovo governo Prodi è la legge sull’indulto di Mastella.
Il provvedimento appare in contrasto con una richiesta diffusa nel paese di maggiore sicurezza.
Seppure a beneficiare del provvedimento siano anche i reati minori e, dunque, quelli che notoriamente sono espressione del disagio sociale, sembra però che a beneficiare della nuova legge siano anche, e soprattutto, i colpevoli di reati perpetrati dai “potenti” .

Tra i tanti aspetti, la finanziaria comporta anche un aumento importante del bilancio della difesa, stigmatizzato persino dallo stesso padre comboniano Alex Zanotelli in una lettera diffusa presso i movimenti.
Bene, come reagisce Rifondazione?
Silenzio, un assordante silenzio…giustificabile solo dal timore ossessivo di far vacillare il governo; ossia, come pensa la gente, dal timore di perdere la “sudata poltrona” finalmente conquistata dopo tanti anni.
La scelta di governo del Prc viene contestata da parte dell’ala di sinistra critica la quale, tuttavia, non sembra pensare da subito ad una scissione.

Dopo sei mesi dall’insediamento del nuovo governo Prodi, finalmente l’esercito italiano si ritira dall’Iraq; molti si chiedono: perché sei mesi dopo, quando alla Spagna di Zapatero sono bastate solo poche settimane per andarsene?.
Rimane aperto il nodo dell’Afganistan. Gli avvenimenti precipitano quando Franco Turigliatto, volendo dimostrare coerenza con le proprie scelte, contribuisce a far mancare la fiducia al governo. Apriti cielo!
Qui sembra che la disciplina di partito e la preoccupazione di salvare a tutti i costi il governo siano stati gli unici parametri essenziali di giudizio da parte della direzione del partito. Non ci si ricorda che nel 2001, la stessa Rifondazione Comunista era stata in prima fila proprio alla manifestazione contro l’intervento militare in Afganistan. Quella fu la prima grande manifestazione contro la guerra dopo i fatti di Genova, una manifestazione imponente, purtroppo presto dimenticata dagli stessi organi dirigenti del partito.
Ora, nonostante l’appello firmato da autorevoli esponenti della cultura internazionale (vedi per esempio il regista Ken Loach ), Franco Turigliatto viene espulso dal partito per decisione di un gruppo dirigente la cui logica appare sempre più ottusa, infima, insensibile, burocratica e prone alle istanze dell’altra parte della coalizione di governo che, in seguito, non avrà neppure la generosità di rendergli il favore...tanto, a far cadere il governo, ci penserà poi Mastella al momento “giusto”.

Il malumore diffuso in buona parte della base giovanile culmina con la contestazione fragorosa a Bertinotti alla Sapienza, per aver sostenuto la legge sul rifinanziamento della missione in Afganistan: è la prima volta che Bertinotti subisce una contestazione pubblica in modo così fragoroso e plateale.
I contestatori non erano molti ma, a livello mediatico, il loro effetto ha contato come se fossero stati moltissimi.
D’altra parte occorre riconoscere che la contestazione era stata preceduta, già mesi prima, da ampie e concitate assemblee a San Lorenzo a Roma, in cui era emerso chiaramente in modo eclatante il malumore vero le scelte del Prc non solo sull’Afghanistan, ma anche in materia di politica sociale.

Soprattutto, quello che appare evidente è, di lì a poco, l’ingenerarsi di un progressivo processo di frantumazione del partito, con una diaspora che è diventata sempre più preoccupante e dolorosa, a fronte della quale il gruppo dirigente, in modo non incolpevole, è rimasto pressoché indifferente, quasi presumesse di avere comunque la vittoria in tasca e non sentisse alcun bisogno di interrogarsi e di mettersi in discussione..
Non a caso il congresso del partito viene rimandato a data da destinarsi, un congresso già più volte richiesto dall’opposizione interna. Rimandare il congresso è apparso inevitabilmente come un espediente non solo assai discutibile sotto il profilo formale, ma certamente sbagliato sul piano etico, utile solo ad incoraggiare i dissidenti e le minoranze interne ad uscire dal partito, per togliersi dunque finalmente il disturbo, evitando così ogni possibilità di confronto, un confronto che sarebbe stato palesemente aspro e difficile da sostenere per la maggioranza del partito…

Tali circostanze hanno contribuito non poco ad alimentare decisamente un senso diffuso di disaffezione verso il partito, non più percepito come rappresentativo di alcuna istanza alternativa di cambiamento.

Manifestazione di Vicenza contro l’ampliamento della base NATO: la sinistra dimostra di essere scavalcata e di subire passivamente l’iniziativa politica dei movimenti e della società civile, senza essere in grado di sostenerla e rappresentarla adeguatamente, ma rimanendo sostanzialmente spettatrice pur di non mettere in seria difficoltà il governo.

Il fenomeno dell’immigrazione viene visto come un problema serio da parte di fasce sempre più ampie della società. La sinistra difende giustamente la dignità dell’immigrato ma, contemporaneamente, commette l’errore grave di sottovalutare il rischio incombente di una sorta di “guerra tra poveri”, rischio che, invece, viene strumentalizzato da tempo opportunisticamente dalla destra, la quale fa sempre più presa presso i ceti sociali più deboli e popolari. A questo proposito va ricordato che l’opinione singolare del senatore Milziade Caprili del Prc è rimasta purtroppo una voce isolata ed inascoltata nell’ambito del partito.

Le istanze sociali di protesta hanno dunque trovato inevitabilmente altri canali di sbocco, ben distinti dai partiti di sinistra. Partiti che, invece, erano stati i protagonisti sulla scena del G8 di Genova solo pochi anni prima.

I libri “La casta” di Stella, “Mani sporche” di Travaglio e, soprattutto, il fenomeno Beppe Grillo, fungono da catalizzatori e punti di riferimento del malessere diffuso.
L’atteggiamento dei partiti, incluso purtroppo il Prc, è stato improntato prevalentemente all’indifferenza, ad una sorta di scetticismo e diffidenza verso il fenomeno Grillo; un atteggiamento che, agli occhi della gente, è apparso inevitabilmente come il segno dell’arroganza tipica che contraddistingue il potere che cerca di difendere se stesso…
Ora occorre riflettere sul fatto che, generalmente, è proprio l’elettorato di sinistra ad essere maggiormente sensibile a tali messaggi  . mentre così non è per l’elettorato di estrazione più moderata…

Ottobre 2007: manifestazione a Roma contro la precarietà del lavoro. Il successo della manifestazione sembra ridare a Prc e Comunisti italiani il ruolo guida della protesta sociale: ma è solo una breve illusione.
Alla manifestazione non prendono parte né verdi e né sinistra democratica, dimostrando una evidente difformità di vedute e di atteggiamento. A tale manifestazione non fa seguito alcuna richiesta chiara e precisa al governo
(sempre per timore che il governo potesse cadere..).
Dunque l’evento sembra risolversi in una sorta di dimostrazione di forza apparente più che di contenuto.

Naturalmente è importante anche riconoscere il fatto che l’azione del governo in molti campi, come il lavoro, la previdenza, l’istruzione, la lotta all’evasione fiscale, al debito pubblico ecc verosimilmente può essere stata apprezzabile e coerente con i valori di difesa dei lavoratori, dei disoccupati e delle fasce sociali più deboli, ma non ha trovato letteralmente il tempo necessario per farsi apprezzare: infatti non basta certo un anno e mezzo affinché l’opinione pubblica possa convincersi degli effetti benefici della politica del governo…

In questo senso bisogna ammettere che è mancato il tempo… ma l’elettore, purtroppo, si sa, non ha molta pazienza, specialmente quando le sue condizioni versano al peggio!

Del resto l’immagine complessiva del governo e della sinistra al potere ha subito un colpo durissimo e, verosimilmente risolutivo, in occasione dell’emergenza rifiuti in Campania, un’emergenza che è apparsa subito di dimensioni catastrofiche ed incomprensibili per un paese civile, senza scusanti.

Non solo, ma la tragedia delle morti bianche e degli incidenti sul lavoro ( vedi la Thiessen di Torino), hanno offerto all’elettorato una immagine complessiva di impotenza e, soprattutto, di inettitudine, da parte della politica tradizionale di fronte ai problemi reali della gente.
La stessa legge sulla sicurezza sul lavoro sarà proposta in ritardo e non avrà il tempo per poter essere valutata nella sua efficacia..

Infine, in campo locale, non si può dimenticare la lunga e dolorosa lista di espulsioni ed emarginazioni di cui sono stati vittima numerosi attivisti e compagni.
Purtroppo spesso il partito è apparso essere una struttura di potere utile per l’affermazione personale, piuttosto che un riferimento necessario per le istanze della gente e dei movimenti.

In conclusione, è vero che il sistema elettorale è stato il principale responsabile dell’esito finale, ma la sinistra, ed in particolare il Prc, è giunta all’appuntamento elettorale con gravissime contraddizioni interne che ne hanno inevitabilmente compromesso la capacità di tenuta.
Ecco perché non è stato raggiunto neppure il 4% alla Camera. Persino i risultati del voto alle elezioni amministrative, voto non condizionato in alcun modo dal sistema elettorale, è stato deludente, a riprova del giudizio decisamente negativo espresso da parte dell’elettorato.

Il sottoscritto si è sempre impegnato per l’unità a sinistra ed ha aderito alla Sinistra Arcobaleno ritenendo che non vi fosse al momento alcuna alternativa che potesse avere una adeguata consistenza nel panorama politico del paese, tuttavia era ben consapevole ed inquieto per le contraddizioni testé menzionate.

Può essere significativo un aneddoto vissuto sulla propria pelle.

Nel mese di gennaio, poco prima della caduta del governo, su proposta fattami da altri, ho tentato di organizzare un incontro-dibattito pubblico per la presentazione del libro “I forchettoni rossi”, libro che attacca frontalmente la politica della direzione dei partiti della Sinistra Arcobaleno.
Pur non condividendo le conclusioni del libro, il mio intento era quello di offrire al pubblico un momento di dibattito aperto, libero e chiarificatore, per rispondere al malessere diffuso della base.
Bene, ho dovuto subire una serie di contrattempi ed ostacoli tali da farmi rinunciare al tentativo.
Ora, invece, comprendo bene che, nonostante tutto, avrei fatto meglio ad insistere ed insistere...