Strike on Gaza

Data di pubblicazione: 
Monday 09 November 2009
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Una ragazza palestinese di Francesca Cenerelli

Dove la stampa non arriva è importante la testimonianza scritta, che sveli i crimini commessi contro l'umanità. Vi racconto di "Restiamo umani", un libro del pacifista Vittorio Arrigoni. A volte il bianco del globo oculare perde lucentezza. Per sempre. Un reticolo rosa lo invade. Mezzelune color della terra solcano il cerchio delle orbite, marcandolo. Grava sulla pelle del volto un ispessimento, una cornea resa dura dagli eventi.

Vittorio Arrigoni, attivista pacifista per i diritti umani si trova in Italia dopo la prigione e l'espulsione dal territorio martoriato dall'operazione PIOMBO FUSO, la Striscia di Gaza, tra il 27 dicembre e il 18 gennaio 2009, per raccontare, cercare di creare un passaparola importante.

Lo incontro a Ferrara, davanti alla Sala Estense, poco prima del tuffo collettivo fra immagini infernali: un documentario fatto di documentari.
Ognuno di quei frammenti visivi racconta i respiri, le gocce di sangue, i battiti accelerati, gli affanni; ognuno racconta i colori e le forme degli Umani all'interno della Striscia di Gaza, quella Gaza racchiusa tra muri e fili spinati, quel fazzoletto di terra di 360 kmq paradiso trasformato in inferno, quella Gaza con un milione e mezzo  di popolazione giovanissima: giovani madri, fanciulli, figli di contadini e di pescatori. Giovani i medici, alcuni dei quali provenienti da lontane terre con consolidati princìpi di pace, come la Norvegia. Giovani i volontari delle organizzazioni umanitarie, lasciano il caldo di un mondo comodo per un cielo di razzi, l'aria forata dai tiri cecchini ed un asfalto di sangue da raccogliere: abbracciano i sorrisi ed i pianti della gente palestinese  tra mari e terreni insicuri  offrendo tutto quello che hanno: il loro corpo, come scudo umano a proteggerli.

Molta di questa gioventù imprimerà nei propri occhi immagini di sangue. Per sempre. Molta di questa gioventù diverrà macchia sul selciato, macelleria sopra un carretto trasportato dai muli. Molta di questa gioventù diverrà angelo, fabbricato dall'esito della guerra. Alcuni invece costituiranno ampolla ribollente d'odio, pronta ad esplodere in faccia a chiunque, perché non ha altri mezzi per contenere la pressione.

Incontro il volto del giovane Vittorio. E, fra i solchi del viso, fra il reticolo dei capillari, fra le pieghe delle sue labbra, incontro anche tutti gli altri giovani della Striscia di Gaza, quelli morti e quelli vivi, speranza, futuro di essere ascoltati nel loro "viaggio al termine della notte".
Cosa si dice, cosa avreste detto voi, incontrando questo volto? Cosa si dice di fronte alla statura, alla volontà, allo sforzo per controbilanciare l'immagine dell'Uomo che uccide con quella dell'Uomo che salva? Cosa si dice quando il pianto è  residuo secco dietro le iridi, quando, per un momento, uno zampillo di  serenità zompa e trascina in superficie il primitivo sguardo  innocente, quasi a voler dire: "E' STATO SOLTANTO UN BRUTTO INCUBO, HO SOLO SOGNATO"?

Cosa si dice io non lo so. So soltanto che morivano come falene scottate dalla luce le mie domande. Avrei voluto chiedere mille dettagli, mille perché. Ma era come se, con quelle domande, avessi costretto il suo capo sott'acqua, violentandolo di nuovo, costringendolo alla tortura senza respiro fra urla e  silenzi, tra la follia compiuta per mano di un uomo contro un altro uomo che nemmeno conosce, contro una madre, contro un figlio.

Così i nostri discorsi scivolano con le domande inutili fasciate, zittite: basterà l'affetto di pochi gesti, uno scambio di doni, usati e anche un po' malconci, per affrontare il dopo.
Questo gesto tarderà il momento ormai prossimo, sofferto ma voluto, sostenuto come un dovere verso l'Umanità: raccontare, aprire gli occhi all'opinione pubblica attraverso l'incontro organizzato da altri pacifisti dell'Associazione e Comitato  Spartacus di Ferrara.

Mi colpisce particolarmente la presenza di molti giovani. Sono per lo più studenti o ragazzi in attesa di lavorare, insomma, disoccupati,  quindi senza reddito.
Tutti sfogliano una copia di Restiamo Umani. L'hanno acquistata, e sono qui per spendere anche  il loro prezioso bel tempo, a differenza degli adulti, quasi del tutto assenti, che pur con situazioni economiche in cui 7 euro peserebbero ben poco, preferiscono non sacrificare nemmeno il loro tempo, dedicato a qualche programma televisivo di basso contenuto. Mi colpisce e mi fa sperare la dedizione gratuita verso l'umanità che questi giovani dimostrano.
Durante l'incontro pubblico, Vittorio si fa trasparente come il cristallo di rocca che porta al collo, per ricordare, mi dice, la nostra piccolezza rispetto all'immensità del Tempo e della Natura. Non accenna quasi per nulla alla propria esistenza, all'esperienza individualistica come singolo, ma si fa appunto trasparente: trasmette il mondo, l'universalità dei diritti violati, in una prospettiva che ha epicentro nel Medio Oriente, in un punto preciso, anzi, in una  "striscia".

Vittorio Arrigoni è qui dopo aver svolto un importante doppio lavoro.
Il primo, aiutando la popolazione civile palestinese con il proprio corpo e con i mezzi degli aiuti umanitari dell'ISM (International Solidarity Movement). Il secondo, rendendo un'importante testimonianza scritta di ciò che la Stampa Internazionale non ha potuto raccontare durante quei giorni. Le restrizioni nei confronti dei giornalisti stranieri da parte di Israele erano cominciati già prima dell'operazione Piombo Fuso, ma si sono intensificate durante l'attacco.
Ma prima di approfondire questi due importanti aspetti con cui si è manifestato l'impegno civile di un uomo (ma che rappresenta l'impegno di molti altri coraggiosi), vale la pena ripercorrere all'indietro nel tempo la delicata storia dei rapporti tra Israele e Palestina, molti li vogliono chiamare semplicemente: tra EBREI e MUSULMANI, riducendo il tutto ad una questione fra religioni che non ci riguardano.
Vi sono vari testi che possono ampliamente illustrare le tappe e le date importanti fra conflitti, assedi, tentativi di pace. Mi limiterò invece a riportare ciò che più mi ha colpita. Prime fra tutte, alcune fonti che sono molto semplicemente narrazioni.
La prima trae spunto dagli studi di Amitav Gosh, antropologo che ha condotto un indagine (poi divenuto libro "Lo schiavo del manoscritto") sui documenti ritrovati all'interno della Geniza, antichissima sinagoga nei pressi del Cairo. Si parla di un contesto più ampio rispetto a Gaza, ovvero il comprensorio medio-orientale di circa otto secoli fa, fra il 1100 e il 1200. Se ne deduce dai ritrovati reperti un intenso intreccio di attività commerciali ma anche culturali in piena armonia fra popolazioni ebraiche e musulmane.
La tesi è avvallata da un'altra fonte: un reportage scritto nel 1920 da un inviato del National Geographic a Gerusalemme, riportato successivamente nel numero di dicembre del 2002. In esso si narra lo stesso fermento commerciale e culturale di attività condotte e rispettate in armonia, definito cosmopolita dall'autore, in cui esisteva una pacifica convivenza fra ebrei, musulmani, cristiani e fra le molte minoranze etniche presenti negli anni che precedono il secondo conflitto mondiale.
Ora veniamo alla storia recente.
Nel 1948 con il ritiro della Gran Bretagna dal territorio palestinese, Israele proclama la propria indipendenza invadendo una fetta ben più ampia di Paese rispetto alla pianificazione dell'ONU, che prevedeva una spartizione più o meno equa fra Palestinesi e Israeliani. Con l'invasione, Israele espelle 750 mila palestinesi. Un terzo circa della popolazione. Nel 1967 Israele attacca per primo indicendo una nuova sanguinosa guerra detta dei SEI GIORNI, col quale invade definitivamente Gaza e travolge la Cisgiordania. Dopo Gerusalemme Ovest, anche la parte Est viene di fatto annessa allo Stato Israeliano. Il controllo delle terre, tutte, passò a tutti gli effetti sotto il  Governo Israeliano che espropriò i contadini palestinesi confinandoli nei campi profughi o in lembi di terra con condizioni di vita rese difficilissime a causa delle nuove leggi imposte, sempre più vessatorie.
Fra questi provvedimenti, il contrasto alla libertà di spostamento, ma persino all'approvvigionamento delle fonti d'acqua. Le falde acquifere presenti per lo più sotto la Cisgiordania vengono controllate da Israele dal 1967 in poi, permettendo un consumo procapite per palestinese ridotto ad un quinto rispetto a quello degli israeliani.
Con l'imposizione di nuovi permessi, nullaosta, commissioni di indagine, Israele comincia a restringere anche le bocchette d'ossigeno primarie: dopo l'acqua, il lavoro. Nel 1993 oltre 115 mila persone palestinesi perdono il lavoro a causa delle restrizioni sugli spostamenti da un luogo all'altro.
Lo stesso Uri Savir, capo di una delegazione israeliana incaricata per i negoziati di pace, nel 1993 dichiarerà che un palestinese non può fare nulla senza il permesso israeliano: non può comprare, passeggiare, lavorare, rimanere o andarsene. E' dunque prigioniero di un controllo serrato che agevola la colonizzazione totalitaria da parte degli israeliani a discapito della locale popolazione palestinese. Nel 1995 si riavviano i trattati di pace, cercando di riattivare condizioni più eque e di parziale indipendenza per entrambi i popoli. Ma l'allora Premier israeliano Rabin viene ucciso da un estremista ebraico.
L'odio comincia a farsi denso, tanto da far scoppiare nel 2000 la seconda INTIFADA. Intifada è una parola araba che significa "sommossa", rivolta non violenta che si manifesta contro l'occupazione con scioperi e lanci di sassi da parte della popolazione civile. Ma che si carica sempre più di insofferenza e di tentativi di reazioni violente, come suicidi e lotta armata.
Se l'OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina) di Yasser Arafat pur riconoscendo la sovranità e l'esistenza dello Stato d'Israele in cambio di parte dei territori (della terra insomma, da coltivare e su cui poter vivere secondo le proprie leggi ed usanze) non era riuscita ad ottenere condizioni migliori, non c'è da stupirsi del maggior consenso ottenuto da Hamas, legalmente riconosciuto vincitore alle elezioni del 2006, che invece si proponeva la distruzione dello Stato d'Israele.
Il processo di pace viene irrimediabilmente compromesso con l'inasprimento dei controlli israeliani sui palestinesi (coprifuoco pressoché continuo, arresto quasi totale di ogni tipo di merce, anche degli aiuti umanitari, costruzione di nuove barriere, muri, filo spinato, ulteriore restrizione dei territori su cui esercitare mestieri).

Siamo ormai giunti ai giorni nostri, in cui in silenzio o con notizie parziali ci giungevano soltanto gli allarmi non dei palestinesi vessati ormai da più di cinquant'anni, ma degli israeliani nei confronti di presenze terroristiche islamiche palestinesi.
E' qui, durante i giorni dell'operazione Piombo Fuso, che si svolge il doppio impegno di Vittorio Arrigoni, intensificando la sua attività già presente sul territorio.
Viaggi avanti e indietro sulle ambulanze, donazioni di sangue, coordinamento delle operazioni per gli aiuti umanitari, assistenza al personale medico negli ospedali, e persino scortare contadini e pescatori affinché possano raccogliere quel poco cibo necessario a sopravvivere. Ma anche raccogliere i corpicini straziati dei fanciulli bombardati nelle scuole, accompagnare i padri a prelevare i corpi putrefatti dei propri figli, cecchinati senza motivo. E ancora sfidare le bombe per recarsi al palazzo adibito alla stampa (poi bombardato) dove si poteva cercare di informare dal proprio stato di isolamento su quanto stava succedendo.
Mentre in tutto il mondo compreso Israele si consumavano i festeggiamenti natalizi e di fine d'anno, sono morti 1300 palestinesi (stiamo parlando di civili) e 13 israeliani, 3 dei quali civili, senza che alcun coscienzioso giornalista internazionale potesse recarsi a Gaza per poter svolgere il proprio lavoro, senza poter raccontare cosa stesse accadendo.

Stava accedendo in pochi giorni questo: impiego di proiettili non convenzionali, usati a pioggia di schegge contro la popolazione civile e non contro i terroristi (sono un milione e mezzo di abitanti, la più alta densità al mondo, in una striscia di terreno piccolissima). Proiettili fabbricati con acciaio, carbonio, tungsteno e fosforo. Penetrano nelle carni, ti fanno andare avanti agonizzante a lungo, risucchiano il sangue, assorbono completamente i globi oculari. Cadaveri viventi hanno impegnato medici disperati, incapaci di comprendere quale arma potesse mai provocare una così atroce agonia non curabile. Bombardate scuole, moschee, suk, il porto, la stazione dei vigili del fuoco. Cecchinati conducenti di ambulanze, volontari, contadini, pescatori. Colpiti cameramen, giornalisti. Bombardata la sede dell'ONU, il palazzo sede per la Stampa. Chiusi i tunnel da dove provenivano le fonti di approvvigionamento attraverso l'Egitto, anche i medicinali.

"ho una videocamera con me ma ho scoperto oggi di essere un pessimo cameraman, non riesco a riprendere i corpi maciullati e i volti in lacrime. Non ce la faccio. Non riesco perché piango anche io".( da: Restiamo Umani)

Qualcuno dice che la non presa di parte, la non condanna dell'Europa verso Israele nel compiere tali crimini di guerra né contro i soprusi precedenti dal 1948 ad oggi, sia per il senso di colpa nei confronti dell'Olocausto.
Ma i crimini contro l'Umanità vanno condannati senza esitazione, sforzandoci di vedere oltre l'attribuzione di fazioni, di religioni o di razze. Va manifestato il nostro dissenso con l'identità di un popolo democratico e di una bandiera che ci rappresenti come Nazione, come Europa, prima che germinino altri semi dell'odio sui figli colpevoli solo di appartenere ad una razza o di essere nati in una particolare terra. Cattolici, laici, musulmani, ebrei devono necessariamente individuare i processi di pace e condannare la violenza.

I racconti dei civili, delle persone come me e come voi lettori, ma sfortunatamente nati in terra palestinese, si possono leggere nella cronaca dei diciassette giorni più duri vissuti da Vittorio Arrigoni in RESTIAMO UMANI. Un libro che dobbiamo tenere sul nostro comodino, proprio come GOMORRA, per indicare da che parte stiamo: contro la violenza, contro la criminalità, individuando nomi e cognomi dei colpevoli, sempre e soltanto per la Pace, un diritto di tutti.
Leggi anche: http://guerrillaradio.iobloggo.com/ dove puoi seguire gli incontri con Vittorio Arrigoni.

Francesca Cenerelli, 8 novembre 2009 in copyright, chiunque può prendere e riportare purchè citandone la fonte