Amarcord: sette anni fa a Genova

Data di pubblicazione: 
Sunday 20 July 2008
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Corteo a Genovadi Enrico Del Vescovo

( tratto da una breve memoria del 2001 )

Il 18 luglio del 2001 mi aggiravo nella stazione Termini di Roma alla ricerca dello sportello ove era possibile acquistare il biglietto ferroviario per Genova. Preso da stanchezza, tra la voglia di andare in vacanza dopo il lavoro e la passione per gli ideali, ero ancora piuttosto incerto se partire. Ricordo che chiesi informazioni a diversi ferrovieri, ma, con mio stupore, mi accorsi che praticamente nessuno era disposto ad aiutarmi: alcuni rispondevano in modo evasivo, altri mostravano riluttanza,  e c’è stato persino chi mi ha risposto che la biglietteria non esisteva neppure, quasi a volermi scoraggiare a partire.

Senza voler giudicare l’atteggiamento dei ferrovieri, che probabilmente non erano stati neppure informati sui treni speciali per Genova,  provai nell'animo un moto di indignazione. Voltaire diceva che, seppure non la pensasse come un altro, avrebbe comunque lottato affinchè questi potesse avere la libertà di esprimere il suo pensiero. Pensai che se il senso della democrazia doveva ancora maturare nella testa e nell' animo di tanti italiani, allora sarebbe stato giusto partire, e così feci.

Stando in treno, dopo essermi aggregato a dei militanti del sindacato cobas, incontrai casualmente un cittadino indiano, una persona dai modi squisiti, di cui non ricordo più il nome, con cui presi facilmente confidenza.

Con lui parlai piacevolmente a lungo delle ragioni della manifestazione e concordai su molti punti. La conversazione fu semplice, pacata, sincera.

Gli dissi che, a mio avviso, l’ Occidente ha l’abitudine di salire troppo spesso in cattedra e giudicare gli altri paesi. Ci sono cause di profonda contraddizione negli attuali rapporti Nord-Sud del mondo. Solo alcuni paesi forti prendono decisioni che riguardano direttamente o  indirettamente l’intero pianeta, mentre gli altri paesi stanno a guardare e … a subire.
Il sistema monetario internazionale, ad esempio, tende ad assicurare, mantenere e rafforzare nel tempo, il predominio di alcuni paesi sugli altri. Attualmente solo poche monete godono di un elevato grado di accettazione negli scambi. Basta fare un semplice confronto: chi possiede dollari può in pratica acquistare qualunque cosa al mondo. Al contrario un cittadino di un paese povero, con le tasche piene di valuta del proprio paese, non potrà comprare nulla all’estero se prima non sarà riuscito a convertire la sua moneta in dollari, yen o, tra poco, in euro (eravamo nel 2001). Purtroppo è difficile che ci riesca: è come se avesse le tasche piene di carta straccia.

Pertanto molti paesi poveri per importare tecnologia, necessaria al loro sviluppo, nonchè per far fronte al fardello del debito, devono procurarsi valuta estera. Per far questo, spesso, l’unico modo legale è esportare materie prime. Di conseguenza si è verificato un vero e proprio sovrasfruttamento delle risorse naturali, con un depauperamento talvolta irreversibile degli ecosistemi locali (foreste tagliate, coltivazioni intensive di tipo monoculturale, miniere in via di esaurimento, ecc..). Non solo, ma, a causa dell'emigrazione, si sta verificando anche un depauperamento delle risorse umane necessarie allo sviluppo locale: è una forza lavoro che viene "venduta" a basso prezzo pur di ottenere valuta pregiata attraverso le rimesse degli emigranti.

Parlammo anche dello scudo spaziale: tutti sanno che la potenza militare U.S.A. è di fatto invincibile. Ma allora lo scudo spaziale è una difesa contro chi? Contro gli alieni? O serve solo a far fare i soldi all’industria militare e/o a qualche scienziato pazzo?
La risposta che ci dammo fu: semplicemente lo scudo spaziale serve a riaffermare con vigore il principio che a questo mondo ci deve essere "uno solo a comandare" ed il suo modello di società dovrà essere accettato da tutti gli altri paesi, volenti o nolenti. Questa è la globalizzazione che occorre respingere e con essa l’idea che il sistema capitalistico sia l’unico sistema possibile e non possano esistere anche altri modelli di società diversi ed alternativi.

Dopo alcune ore giungiamo non lontano da Genova.

Improvvisamente il treno si ferma.

Dopo essere stati costretti a cambiare ben tre mezzi ( chissà perché…) finalmente arriviamo a Genova, città meravigliosa.

Lo spettacolo che trovai era spettrale, quasi surreale. Non c’era segno di vita in giro, le strade vuote, le finestre e le porte sbarrate. I negozi e persino i bar erano tutti chiusi. Gli abitanti erano rintanati nelle case, come le "pecore" rintanate dentro all'ovile in vista di una tempesta più volte annunciata, o come al riparo dal presunto arrivo dei lupi..(ma quali lupi ...?!)

Per un attimo m’è sembrato che quei passeggeri scesi dal treno, venuti per manifestare pacificamente, fossero stati scambiati erroneamente per i lanzichenecchi di antica memoria, calati giù a Roma per mettere a sacco la città. Effetti di una cattiva pubblicità?

In seguito, presto, il buon senso è cominciato a tornare. Qualche gentile signora ha iniziato a fare capolino dalle finestre e, come per accogliere i "temuti" ospiti, ha regalato a tutti un candido sorriso, segno di grande civiltà. Alcuni, constatando la situazione critica, dovuta alla serrata dei negozianti,  iniziarono a distribuire bottiglie d’acqua, volendo dimostrare solidarietà e simpatia ai manifestanti. Altri assistevano incuriositi, senza però esporsi più di tanto dalle porte e dalle finestre..

Qualche bar poi fece ancora di più: con coraggio, sfidando la "regola del coprifuoco", imposta dai cattivi presagi diffusi da una petulante pubblicità, aprì alle migliaia di "invasori", riuscendo con un colpo di mano ad aggiudicarsi incassi da record, incassi che probabilmente non vedrà mai più in vita sua e  forse rimpiangerà per sempre ( da buon mercante genovese ).

C'era un'atmosfera umana molto particolare, quasi irripetibile, caratterizzata da uno stato d'animo frammisto di attesa, emozione, preoccupazione e timore. Ma anche una sensazione come di "ricerca" e di "scoperta" che mi rimarrà impressa nei ricordi per sempre.

La manifestazione dei migranti si svolse in modo tranquillo e fu quasi una festa.

Purtroppo, il giorno dopo, gli eventi sarebbero volti al peggio, con la tragedia di Carlo Giuliani.

Certamente se le manifestazioni si fossero concluse pacificamente sarebbe stata una vittoria, soprattutto di immagine, per il movimento. Ecco quindi sbucare la violenza da qualche parte: la violenza strumentalizzata per screditare il movimento. In tal senso c'è stato il tentativo di criminalizzare l'intero movimento con accuse infamanti ed arbitrarie di connivenza, di collusione, persino di copertura nei confronti dei violenti; oscurando le ragioni ed i contenuti delle manifestazioni.

Personalmente, mi tenni ben distante dai luoghi degli scontri, poichè, pensai, avrei avuto solo da perderci, sia moralmente che fisicamente. Moralmente, poichè, come pacifista convinto, mi ripugna l'idea della violenza; fisicamente, perchè pensai bene che obiettivamente c'avrei probabilmente rimesso le "penne".

Ma l'atmosfera di grande agitazione, con migliaia di persone in fuga, alcune persino colpite e malmenate, costringeva le persone a vedere l'altro, il prossimo,  con occhi diversi da quelli abituali, dando maggior risalto e valore ai gesti umani, all'attenzione ed alla preoccupazione per il prossimo, in una situazione critica che sovrastava tutti, spingendo le persone ad unirsi in solidarietà.

In tal senso, paradossalmente, quelle circostanze difficili e negative, seppure criticate e condannate giustamente dai mass-media,  potrebbero aver fornito ad alcuni proprio l'occasione per una crescita umana.

Rimasi colpito da un signore di mezza età che, nel mezzo della confusione e della calura,  con grande gentilezza d'animo, mi invitò a salire in casa per prendere un pò d'acqua e trovare riparo. Per senso di discrezione rifiutai. Forse, ripensandoci, sbagliai, perchè sprecai l'occasione per offrire a quella persona d'animo gentile il piacere e la soddisfazione di essere d'aiuto al prossimo.

Fortunatamente, quando ripresi lo zaino per andare via, era pomeriggio ed al campo "Re di Puglia"  la situazione era ancora relativamente tranquilla, contrariamente a quanto sarebbe accaduto da lì a poco presso la caserma Bolzaneto, come ci hanno tramandato le tristi cronache.