Lucio Magri ed il suo addio.

Data di pubblicazione: 
Wednesday 30 November 2011
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di Simone Oggionni

Ci ha lasciati Lucio Magri, e il modo con cui ha scelto di farlo testimonia ancora una volta tutto il suo coraggio e tutta la sua lucidità. Nella sua scelta vive una libertà straordinaria, e la consapevolezza che il senso di vertigine può determinare la rottura dell’equilibrio e del limite che separano la vita dalla morte. Di fronte a questo, alla grandezza tragica dei nostri destini, non possiamo che restare muti. Ed è forse solo la scelta consapevole della morte a restituire libertà a ciò che per sua natura è irrevocabile tanto quanto insondabile. Magri in questi ultimi anni aveva lavorato ad un libro e due anni fa lo aveva pubblicato. Già nel titolo, Il sarto di Ulm, rievocava uno straordinario apologo di Brecht. Alla fine del Cinquecento un sarto della città di Ulm, convinto di poter volare, costruisce un marchingegno molto rudimentale e tenta la sorte, presentandosi dal vescovo in cima alla grande cattedrale. La prova fallisce e il sarto muore schiantato a terra ma l’uomo, alcuni secoli dopo, imparò a volare.

 

Sicuramente malgrado questo tentativo. Forse, in parte, anche attraverso e per tramite di questo errore. Per Magri questa scena è l’allegoria di un sogno, di un progetto e di una lotta chiamata comunismo.

E allora, proprio perché il dolore della morte ci rende afoni, l’unico modo per omaggiare Lucio è confrontarsi con la sua vita e con quel sogno, che equivale a confrontarsi con i tentativi falliti e gli errori della nostra storia.

Nel giugno dello scorso anno organizzammo insieme a lui a Monte Sole, a Marzabotto, un seminario di formazione per i Giovani comunisti.

Per ore discutemmo e lo ascoltammo con quell’ammirazione e quella deferenza imposta dalla distanza tra lui, una parte meravigliosa di storia del Pci e della sinistra italiana, e noi, così piccoli e così fragili.

Poi verso la fine presi tra le mani l’appendice di quel libro che stavamo discutendo, un lungo saggio scritto da Magri nel 1987 con la funzione di essere la base di una possibile ma mai realizzata mozione alternativa ad Occhetto per l’imminente XVIII congresso del Pci. In quella possibile ma mai realizzata mozione alternativa c’è tutto: l’analisi lucidissima di un sistema che cresce in quanto moltiplica le diseguaglianze di reddito all’interno di ogni Paese capitalistico e tra le aree del mondo; l’incompatibilità tra il funzionamento del sistema economico e il permanere delle grandi conquiste sociali che avevano segnato i decenni precedenti (il welfare, la piena occupazione, una democrazia nella quale i lavoratori fossero protagonisti, il diritto all’indipendenza nazionale); l’erompere di questioni nuove e già cruciali, come il degrado dell’ambiente, il degrado morale, la crisi di rappresentanza del sistema politico e partitico; la crisi economica come unico orizzonte del capitalismo e, dentro questa logica, il ricorso sistematico alla forza militare.

E nella mozione scritta ma mai presentata c’è la consapevolezza che questo è un sistema che per essere contrastato e vinto impone la costruzione di un controcanto, e cioè impone che a nostra volta si definisca un sistema coerente, si accumuli la forza necessaria per imporlo, si impari la capacità per gestirlo, si dia vita ad un blocco sociale che sia in grado di sostenerlo e che quindi si stabiliscano le tappe e le alleanze utili per affermarlo. In breve: la summa di un comunismo possibile, della nostra idea di comunismo.

E allora la domanda che gli rivolsi fu ingenua e banale: perché non presentaste quella mozione? Perché non provaste a impedire il corso degli eventi, la rimozione occhettiana della questione comunista, perché non deste al sarto di Ulm un’ulteriore possibilità di volare? Lucio Magri sorrise. Con quel suo sorriso carico e denso di bellezza e intelligenza. Poi riprese a parlare, a spiegare, a dettagliare, ad insegnare.

Una cosa, caro Lucio, da te l’abbiamo imparata. Dobbiamo provare e riprovare, sbagliare e romperci la testa. Ma l’uomo volerà. In quell’infinito orizzonte di libertà che la tua vita e la tua morte ci hanno indicato.

 

Articolo da www.reblab.it