di Enrico Del Vescovo
Sono moltissime le guerre dimenticate nel mondo. Per la Siria, invece, sembra che i riflettori della stampa mondiale siano più o meno presenti ma, nonostante la tragedia a cui assistiamo giorno per giorno, pare che a livello internazionale non si muova foglia e che il vortice di sangue continui a scorrere in modo inarrestabile senza che sia possibile porvi barriera alcuna. E’ evidente come gli equilibri internazionali siano tali da paralizzare qualunque sviluppo della guerra sia in un senso che nell’altro.
La “primavera araba” ha rovesciato i regimi in diversi paesi; in Libia, però, il cambiamento ha richiesto persino l’intervento militare dall’esterno ( vedi i bombardamenti aerei della Nato). Ma in Libia ci sono risorse importantissime, invece in Siria no. Tale è l’evidenza dei fatti e questi dovrebbero scuotere la coscienza di qualsiasi osservatore. Per un attimo l’opposizione interna al regime siriano ha sperato che la “primavera araba” si potesse ripetere anche nel proprio paese ma, verosimilmente, si è trattato di una tragica illusione perché la Siria riveste una posizione strategica troppo importante per rimanere in balia dei movimenti interni di cittadini.
Certo è che chi avesse caldeggiato questa illusione, anche dall’esterno, sia che lo avesse fatto in buona fede, in nome di una presunta democrazia, sia che lo avesse fatto per cinici motivi strumentali, ha contribuito ad aprire la porta ad un tragico destino per una moltitudine di innocenti. In primis le categorie più deboli dei bambini, delle donne e degli anziani, di cui si parla sempre poco, come se fossero una vittima sacrificale inevitabile o, peggio, una zavorra di cui disfarsi in vista solo della vittoria, cioè l’unica cosa che possa avere importanza per delle menti tanto spregiudicate quanto criminali come quelle dei belligeranti.
Purtroppo il contesto è troppo complesso per poter offrire una via d’uscita: c’è il perenne dualismo tra sciti e sunniti, un equilibrio geopolitico fragile e pericolosissimo da toccare che coinvolge potenze come l’Iran, Israele, ma anche indirettamente la Russia, gli USA, persino la Cina, mentre l’Europa è alle prese con la crisi. D’altra parte il regime siriano è apparso da subito chiuso e trincerato in una torre d’avorio, grondante di sangue. Un regime incapace di dialogo, ma solo di repressione brutale. Un atteggiamento cinico che si commenta da solo e che pare farsi beffa ed offenda le regole più elementari della democrazia e del rispetto dei diritti umani, mentre la comunità internazionale rimane a guardare ( ma considerate com’è grande la differenza con quanto accaduto in Libia! ).
Occorre chiedersi: può avere un futuro un regime come quello siriano?
E’imbarazzante soltanto l’idea che tra non molto tempo le acque dovessero calmarsi e tutto dovesse ricominciare come prima, con le migliaia di morti sulla coscienza, il suk medioevale di Aleppo distrutto, le memorie storiche ammirate dai turisti di tutto il mondo andate irrimediabilmente danneggiate. Tutto questo in nome di cosa? Della difesa di un regime sordo, ottuso e dello status quo? O di una presunta democrazia da conquistare a costo di troppi morti e che serve, in realtà, non proprio a beneficio dei cittadini, ma soltanto a rovesciare gli equilibri geopolitici nell’intera area geografica contro l’Iran o contro altre potenze maggiori? Ma i belligeranti hanno un barlume di preoccupazione per le vittime innocenti?
Sinceramente non saprei proprio da quale parte voltarmi…
Intanto la situazione rimane nello stallo più completo, come fosse in balia di una tragica trappola, mentre la comunità internazionale sembra non voler fare nulla… e in Italia cosa si dice?
Poco o niente.